IL DENARO

 

2 dicembre 2003

 

Nel futuro il dialogo tra le culture

 

Nella grande riflessione avviata, sia a livello istituzionale che a livello di società civile, sul senso da dare e i mezzi da utilizzare per una “rifondazione” del processo di Barcellona in modo da adattarlo alle mutazioni internazionali in corso, il ruolo della cultura è particolarmente importante. Lo dimostrano i dibattiti appassionati fra coloro che credono in uno “scontro di civiltà” e coloro che auspicano un dialogo interculturale fra le due rive per spezzare il muro di diffidenza e di ignoranza che tende ad ergersi fra loro.

La successione accelerata di rotture, che è iniziata con il crollo del mondo bipolare, le crescenti e multiformi minacce culminanti nello sviluppo di un terrorismo senza frontiere e il peggioramento della situazione economica e sociale nei Paesi del sud ha collocato la maggioranza della popolazione del pianeta fra il martello di una globalizzazione consumistica e commerciale e l’incudine di ripiegamenti identitari, portatori di germi di violenza e di esclusione.
In queste condizioni, l’interrogativo che si pone è se, nel quadro di un partenariato euro-mediterraneo rinnovato, la cultura debba essere considerata come un semplice ornamento che ha un valore aggiunto oppure come un elemento costitutivo fondamentale dell’associazione considerata. La risposta istituzionale non differisce affatto, in questa materia, dalle raccomandazioni della società civile.

Sostenendo con fermezza l’iniziativa della Commissione europea di creare una Fondazione euro-mediterranea per il dialogo fra le Culture e le Civiltà, la cui istituzione dovrebbe essere solennemente decisa nei prossimi giorni a Napoli dalla Conferenza euro-mediterranea dei Ministri, il Forum Civile Euromed , conclusosi il 1 dicembre 2003 nella stessa città di Napoli, scommette sulla capacità dei popoli rivieraschi di rivitalizzare la loro lunga tradizione di dialogo interculturale per riuscire ad affrontare insieme le sfide del momento, a dimostrare che il conflitto, in tutte le sue forme, non è né una fatalità né una predestinazione e che, se si eliminano una volta per tutte le percezioni reciproche negative, le vie feconde di uno sviluppo sostenibile condiviso possono aprirsi ai popoli riconciliati del Mare Nostrum, che torna ad essere un mare comune portatore di un paradigma ripristinato: quello di una nuova arte del “vivere insieme”, che questa regione aveva già inventato all’alba del primo mattino del mondo.


Nadir Mohamed Aziza

segretario generale dell’Accademia del Mediterraneo